S.I.C.O.P.

Orbita

NEOFORMAZIONI ORBITARIE

 

Nel capitolo delle neoformazioni orbitarie rientrano sia le neoplasie (benigne e maligne) sia gli amartomi, i coristomi, le neoformazioni cistiche di varia natura (infiammatoria e malformativa). 

Il sintomo più frequente dei tumori dell’orbita è l’esoftalmo, spesso unilaterale. Può essere assile o lateralizzato e pulsatile per shunts artero-venosi o nei meningoceli. In alcuni tumori (neurofibromi, metastasi scirrose) può esservi enoftalmo. Altri sintomi frequenti sono l’edema palpebrale, secondario a ostacolo venoso o linfatico, iperemia e chemosi congiuntivali, deficit visivo e alterazioni del campo visivo (compressione del nervo ottico), deficit della muscolatura estrinseca con diplopia, ipertono, ipermetropia acquisita e alterazioni del fondo oculare (pliche coroideali, edema della papilla, atrofia ottica, dilatazione venosa). Può esserci adenopatia satellite.

Gli esami strumentali sono fondamentali nella definizione di queste lesioni. L’iter diagnostico non può prescindere dall’uso, innanzitutto, della TC e, in molti casi, della RMN. L’ecografia conserva un ruolo in quanto fornisce utili indicazioni tissutali in caso di lesioni cistiche e linfoproliferative.

 

TUMORI NEUROGENICI

I gliomi delle vie ottiche anteriori rappresentano la lesione del nervo ottico più frequente in età pediatrica. La storia naturale di queste lesioni è legata all’istogenesi, alla localizzazione, all’estensione e all’associazione con la neurofibromatosi (neurofibromatosi 1 - NF1). I gliomi isolati (non NF1) hanno una buona prognosi quoad vitam, ma scarsa quoad valitudinem: pazienti con lesione unilaterale, buona visione e assenza di coinvolgimento chiasmatico, possono essere seguiti con esami periodici clinico-strumentali (RMN). L’esoftalmo sfigurante o una significativa progressione della lesione possono necessitare di una resezione chirurgica.

I meningiomi orbitari sono fondamentalmente di due tipi: A. del nervo ottico; B. dell’ala dello sfenoide. Colpiscono più frequentemente nella quarta-quinta decade di età. Sono lesioni a lenta crescita e si manifestano per compressione dei tessuti circostanti. La perdita del visus è frequente nei meningiomi del nervo ottico, ma è rara una progressione oltre i confini orbitari. L’aspetto radiologico può essere tipico e denominato «tram track» (a binario). La rimozione chirurgica è indicata solo quando la neoplasia determina un esoftalmo importante e una perdita dell’acuità visiva.

I meningiomi dell’ala dello sfenoide possono avere una cattiva prognosi, sia per la funzione visiva, in quanto minano l’acuità visiva e la motilità oculare coinvolgendo la fessura orbitaria superiore e il canale ottico, sia per la vita, in quanto possono invadere la fossa cranica media e il seno cavernoso. La valutazione preoperatoria deve essere accurata e prevede l’uso sia della TC che della RMN. La rimozione chirurgica ha una certa percentuale di morbosità ed è seguita da un 50% di casi di recidiva a 10 anni. Di recente l’uso della radioterapia è divenuto prevalente per la terapia di tutti i meningiomi orbitari.

I tumori delle guaine dei nervi periferici sono numerosi, ma nell’orbita hanno significatività per lo più i neurofibromi e gli schwannomi. 

I neurofibromi (composti da cellule di Schwann perineurali, fibroblastoidi e residui assonali) si presentano come tumori isolati di origine dermica, infiltrativi diffusi e plessiformi. Tutti i tre tipi possono presentarsi come manifestazioni della neurofibromatosi.

Gli schwannomi sono tumori incapsulati, ben definiti, che crescono in maniera eccentrica dai nervi periferici. Sono lesioni solitarie dell’età adulta che prediligono le regioni del collo e della testa. Il trattamento è chirurgico, è sempre preferibile asportarli in toto rispettando la capsula, la recidiva è rara, anche in caso di rimozione parziale.

 

TUMORI MESENCHIMALI

Il rabdomiosarcoma è il tumore dell’orbita più comune nei bambini. Si presenta come una massa,

talvolta palpabile, che determina dislocamento del bulbo, esoftalmo rapidamente progressivo,

ptosi, iperemia ed edema palpebrale. Il trattamento si basa su protocolli internazionali riconosciuti. La prognosi è discreta con sopravvivenza a 5 anni superiore al 90%.

Il leiomioma è un tumore benigno abbastanza raro. La resezione chirurgica in toto può risultare difficoltosa, richiedendo spesso una microdissezione, a causa di possibili tenaci aderenze con i tessuti circostanti. Una recidiva a distanza può essere molto lenta e riflette una resezione incompleta. 

Il leiomiosarcoma è un raro tumore maligno caratterizzato da alta invasione locale e potenzialità metastatiche.

I lipomi sono lesioni benigne a lenta crescita, ben differenziati e capsulati. Appaiono circoscritti e sono leggermente più gialli del normale grasso orbitario. L’escissione chirurgica dà ottimi risultati.

I liposarcomi dell’orbita sono estremamente rari. Il comportamento clinico sembra dipendere dal grado di differenziazione iniziale. Le lesioni circoscritte e iniziali devono essere rimosse in toto adottando una chirurgia conservativa. La malignità è soprattutto locale. I liposarcomi tendono, infatti, a recidivare e avere una diffusione linfatica. L’exenteratio orbitae deve essere adottata in caso di recidiva. In caso di diffusione regionale per contiguità si dovranno prendere in considerazione la radioterapia e la chemioterapia. 

I fibromi sono caratterizzati da crescita lenta e non sono infiltranti. Sono ben circoscritti risultando facilmente resecabili. La recidiva è possibile in caso di rimozione incompleta.

I fibrosarcomi possono interessare l’orbita primariamente, ma più frequentemente sono secondari e provengono dai seni paranasali. Tendono a infiltrare rapidamente i tessuti circostanti e a metastatizzare. La biopsia escissionale è essenziale alla diagnosi.

Il tumore solitario fibroso era considerato un tumore rarissimo dell’orbita. Di recente, il numero di casi diagnosticato è lievemente aumentato rispetto al passato anche per effetto del miglioramento delle tecniche diagnostiche anatomo-patologiche che consentono la diagnosi differenziale con gli emangiopericitomi in passato ritenuti più frequenti.

Il fibroistiocitoma è un tumore che coinvolge fascia, muscolo e tessuti molli del corpo. Si localizza di frequente in sede supero-mediale, causando proptosi, effetto massa con deficit visivo, diplopia, dolore, lacrimazione, ptosi e restrizione dei movimenti oculari. Questa neoplasia è caratterizzata da invasività locale e tendenza alla recidiva; le metastasi a distanza sono rare. Il trattamento è essenzialmente chirurgico, mirato alla completa escissione per prevenire le recidive che, in caso di manifestazione, tendono alla trasformazione

maligna.

 Il fibroistiocitoma maligno prevede, invece, oltre al trattamento chirurgico anche l’irradiazione locale e dei linfonodi efferenti.

 

TUMORI VASCOLARI

Le lesioni vascolari si classificano, in base ai loro rapporti con il torrente circolatorio, in lesioni ad alto, medio e basso flusso (o assente).

Il linfangioma è una lesione a basso flusso caratterizzata dalla crescita anomala, disorganizzata e non capsulata di vasi simil-linfatici che formano spazi vacuolizzati a contenuto siero-ematico. Si presenta nella prima e seconda decade di vita e inizialmente si può manifestare con effetto massa. L’esordio tipico è, però, acuto con esoftalmo e chemosi da emorragia intralesionale. Data la loro scarsa delimitazione, i linfangiomi non possono essere rimossi chirurgicamente in toto, mentre possono essere ridotti di volume con varie tecniche chirurgiche e parachirurgiche. 

L’emangioma capillare è una lesione ad alto flusso caratterizzata dalla proliferazione benigna, congenita o della prima infanzia, di cellule vascolari endoteliali. Si può estendere alle palpebre e appare come una massa rosso-bruna, può determinare ambliopia o mediante ptosi meccanica (deprivazione) o generando astigmatismo elevato (anisometropia). Può regredire spontaneamente per fibrosi perivascolare. La regressione può essere facilitata e accelerata dall’uso intralesionale di triamcinolone, con una buona percentuale di successo. La riduzione chirurgica viene riservata ai casi estesi, non rispondenti al trattamento medico e a rischio di ambliopia.

L’angioma cavernoso è la lesione vascolare più frequente nell’adulto. È una lesione amartomatosa, con bassissimo flusso e crescita lenta e progressiva. Il sintomo d’esordio più frequente è un esoftalmo aumentato lentamente nel tempo. Possono essere associati disturbi visivi. La terapia d’elezione è la rimozione chirurgica, sebbene non sia scevra da complicanze.

L’emangiopericitoma è una lesione a malignità variabile, limitata da una pseudocapsula; l’exeresi chirurgica è spesso difficile per la friabilità tissutale.

 

LESIONI CISTICHE

Le cisti dermoidi ed epidermoidi sono le neoformazioni congenite benigne dell’orbita più frequenti in età pediatrica. Sono coristomi, dovuti quindi alla crescita di tessuto normale in sede ectopica, causati da sequestri di foglietti embrionari. La localizzazione più frequente è l’angolo supero-esterno e il supero-interno dell’orbita. Aderiscono ai piani profondi e quasi mai alla cute. Possono fistolizzarsi o rompersi determinando infiammazione per dispersione del contenuto liquido interno. Inoltre, queste lesioni crescono nel tempo e si possono così estendere ai seni paranasali e al cranio. La terapia d’elezione è la completa rimozione chirurgica evitando di ledere la capsula.

I mucoceli sono lesioni cistiche dell’adulto a partenza dai seni paranasali. La patogenesi è legata

all’ostruzione del dotto escretore del seno coinvolto. Possono invadere l’orbita per contiguità determinando

erosione ossea. La terapia è chirurgica.

Il dacriops è una cisti da ritenzione della ghiandola lacrimale abbastanza comune dovuta al blocco secretorio di tessuto ghiandolare.

 

TUMORI EPITELIALI DELLA GHIANDOLA LACRIMALE

L’adenoma pleomorfo o tumore misto benigno è la lesione più frequente rappresentando all’incirca

la metà dei tumori della ghiandola lacrimale. È caratterizzato da una tumefazione palpabile non dolente lentamente ingravescente localizzata nel quadrante supero-temporale dell’orbita che causa esoftalmo e dislocazione del bulbo in basso e all’interno. La diagnostica per immagini evidenzia una massa nodulare, circoscritta, che determina l’allargamento e l’indentazione della fossa lacrimale. L’istologia rileva una componente sia epiteliale che connettivale, racchiuse in una pseudocapsula, che esemplifica il termine pleomorfo. In circa il 10% dei casi si può verificare una trasformazione maligna dopo 20 anni, quindi l’exeresi chirurgica in toto senza ledere l’integrità della capsula è necessaria e la possibilità di recidiva minima.

La lesione epiteliale maligna più frequente è il carcinoma adenoideo cistico. Ha un picco d’incidenza

nella quarta decade ed incidenza equivalente in entrambi i sessi. Le caratteristiche cliniche distintive rispetto alle neoplasie benigne sono la rapidità di crescita e il dolore, mentre in diagnostica per immagini l’elemento peculiare è l’erosione ossea. La prognosi dei carcinomi è spesso infausta, con una sopravvivenza inferiore al 20% a dieci anni. I casi con prognosi migliore sono i soggetti giovani in cui la lesione è stata diagnosticata precocemente, spesso contenuta in una pseudocapsula e rimossa in toto. Il trattamento si avvale in genere dell’escissione locale o dell’exenteratio orbitae, seguite dalla radioterapia, ma in letteratura non vi è nessuna correlazione statisticamente significativa tra tipo di trattamento e la prognosi. Le metastasi più frequenti colpiscono i linfonodi loco-regionali e il polmone, mentre i tessuti circostanti possono essere sede di lesioni secondarie in seguito a una diffusione per via perineurale.

 

LESIONI LINFOPROLIFERATIVE

Il linfoma non Hodgkin è la lesione linfoproliferativa più frequente dell’orbita. L’origine più frequente è dai linfociti B di piccola taglia, simili ai linfociti normali, da qui la difficoltà di differenziarli dalle lesioni linfoidi reattive. Il picco d’incidenza è nella sesta decade, la presentazione, il più delle volte indolente, colpisce  più frequentemente l’orbita anteriore e una tumefazione rossastra sottocongiuntivale è spesso visibile. La ghiandola lacrimale è spesso interessata e talvolta è il solo sito colpito. La TC mostra lesioni a margini indistinti adiacenti al globo e/o a strutture orbitarie. La diagnosi è cito-istopatologica, quest’ultima consente di valutare la cito-architettonica oltre al grado di malignità della lesione. È indispensabile eseguire una stadiazione della malattia; il trattamento radiante loco-regionale è indicato nelle lesioni dell’orbita, la chemioterapia è associata nei linfomi diffusi o in quelli più aggressivi. La prognosi quoad vitam, migliorata negli ultimi decenni, dipende dalle caratteristiche biologiche e dall’estensione della malattia.

 

TUMORI SECONDARI E METASTASI

I tumori secondari includono tutte le lesioni maligne che si propagano all’orbita dalle strutture

adiacenti del nasofaringe, seni paranasali, ossa, palpebre, congiuntiva, sacco lacrimale e globo

oculare. Le neoplasie che originano dai seni paranasali e dal rinofaringe sono di tipo epiteliale e hanno come

caratteristica clinica principale la presenza di un esoftalmo con dislocazione del bulbo oculare. Il trattamento richiede una radicalità chirurgica seguita da radioterapia. La prognosi, tuttavia, rimane infausta.

I tumori delle palpebre e degli annessi oculari possono diffondere all’orbita o per presentazione tardiva e subdola che simula altre patologie (come nel carcinoma sebaceo), o per recidive dovute a un’escissione incompleta della lesione primitiva, o mediante una crescita rapida e aggressiva (come nel carcinoma squamo-cellulare) o per diffusione perineurale, come si verifica talvolta nei melanomi. Il trattamento di tali lesioni è essenzialmente chirurgico e prevede una exenteratio orbitae allargata a tutte le strutture coinvolte.

Le metastasi orbitarie sono in aumento negli ultimi decenni in conseguenza dei progressi terapeutici conseguiti nel trattamento delle neoplasie in genere con conseguente aumento della vita media dei pazienti oncologici. Le neoplasie che più di frequente metastatizzano all’orbita hanno origine dalla mammella, polmone, prostata nonché da melanomi. Nella maggioranza dei casi di metastasi orbitarie il tumore primitivo

è noto, tuttavia non è infrequente che la manifestazione metastatica preceda quella della neoplasia primitiva. L’insorgenza dei sintomi è più rapida rispetto a molte neoplasie orbitarie primitive. Tra questi, oltre l’esoftalmo, vanno segnalati i disturbi della motilità e il dolore. Il decorso clinico è rapido e la prognosi legata alla neoplasia primitiva.

 

 

INFIAMMAZIONI ORBITARIE


Le infiammazioni orbitarie comprendono un variegato gruppo di patologie caratterizzate da un processo infiammatorio a carico di una o più strutture orbitarie. Esse si manifestano clinicamente con i classici cinque segni e sintomi dell’infiammazione: tumor (esoftalmo, dislocamento del bulbo oculare, edema periorbitario), dolor (dolore oculare, che in taluni casi si accentua con i movimenti oculari), rubor (rossore palpebrale, congiuntivale e periorbitario), calor e functio lesa (calo visivo, visione doppia, ptosi palpebrale). 

 

Il termine “INFIAMMAZIONE ORBITARIA IDIOPATICA” si applica a tutti i pazienti che presentano i segni e i sintomi caratteristici dell’infiammazione, ma nei quali non si evidenzia nessuna causa specifica locale o sistemica. In passato tale condizione era definita “PSEUDOTUMOR ORBITARIO”, per indicare i casi con esoftalmo nei quali, all’esplorazione chirurgica, non era possibile dimostrare alcuna neoformazione occupante l’orbita. La diagnosi è di esclusione: è necessario con le indagini di laboratorio e radiologiche, escludere le cause specifiche prima di definire un’infiammazione “idiopatica”; talvolta, a tal fine, è necessaria una biopsia orbitaria. Si distinguono varie forme cliniche in base alla localizzazione e al tessuto coinvolto: anteriore, dacrioadenite, miosite, tenonite, osteo-periostite, apicale, diffusa. Il trattamento è farmacologico sistemico e locale, basato sull’uso dei corticosteroidi e degli immunosoppressori; di recente sono stati impiegati gli anticorpi monoclonali. La radioterapia è un’opzione possibile, nei casi resistenti o con controindicazioni alla terapia medica.

 

 

ORBITOPATIA TIROIDE-CORRELATA

 

L’orbitopatia tiroide correlata (OTC) è un disordine autoimmune di tipo infiammatorio dell’orbita e dei tessuti periorbitari, rappresentante la manifestazione extratiroidea più frequente dell’ipertiroidismo di Graves-Basedow, per quanto, anche se più raramente, può manifestarsi in pazienti eutiroidei o con ipotiroidismo, esito di tiroiditi autoimmuni. Può essere associata a dermopatia (mixedema pretibiale), acropatia e psicosi.

Il sesso femminile è maggiormente colpito rispetto a quello maschile ed è solitamente colpito tra la quarta e la quinta decade di vita.

Il processo autoimmune alla base della OTC porta alla differenziazione e proliferazione degli adipociti, all’attivazione e proliferazione dei fibroblasti orbitari e all’accumulo di carboidrati complessi (glucosamminoglicani) e collagene nei muscoli extraoculari e nel grasso orbitario. Da ciò deriva edema e successiva fibrosi a carico dei tessuti molli confinati all’interno dell’orbita ossea. Raramente, l’aumento della

pressione endorbitaria è causa di potenziale perdita della funzione visiva per neuropatia ottica o per cheratopatia da esposizione, più frequentemente è causa di gradi differenti di congestione venosa, esoftalmo, strabismo, edema e retrazione palpebrale. 

TERAPIA MEDICA

Nell’attuale pratica clinica, l’astensione dal fumo di sigaretta, un rapido ripristino dell’eutiroidismo ed eventuali trattamenti immunosoppressivi sono utilizzati come prima linea di trattamento dell’OTC. 

In pazienti con orbitopatia attiva ha indicazione la terapia farmacologica con steroidi in virtù dei loro effetti antinfiammatori e immunosoppressivi. Questi farmaci sono comunemente usati nel trattamento delle forme moderate-gravi e attive della malattia e sembrano essere il trattamento elettivo anche per le forme più gravi, con compromissione della funzione visiva. Da circa 20 anni è stata proposta la somministrazione dei glucocorticoidi per via endovenosa ad alto dosaggio e diversi studi ne hanno indicato una maggior efficacia rispetto ai glucocorticoidi per via orale (80% verso 50%). Infiammazione, diplopia e neuropatia ottica sono le manifestazioni oculari dell’OTC che meglio rispondono ai glucocorticoidi per via endovenosa.  La via endovenosa in boli è generalmente ben tollerata e meno associata a effetti collaterali, contrariamente a ciò che avviene con la somministrazione orale che, essendo continua, ha effetti metabolici indesiderati più pronunciati. 

L’aggiunta di ciclosporina al prednisone nei pazienti che non rispondono al solo prednisone sembra potenziarne gli effetti in virtù del prolungamento dell’emivita di quest’ultimo. Gli effetti collaterali

della ciclosporina, tuttavia, possono essere gravi e, per questo motivo, tale farmaco deve essere usato con estrema cautela.

In alcuni pazienti l’alternativa alla terapia steroidea è rappresentata dal metotrexate, un antagonista dell’acido folico che, a seconda della dose e della modalità di somministrazione, può fungere da antineoplastico o da immunosoppressore. Negli ultimi anni è stato approvato l’utilizzo di farmaci biologici, quali il Rituximab ed il Tocilizumab.

Dal 1913 la terapia radiante è stata usata per il trattamento dell’OTC. La maggior parte dei centri utilizza una dose cumulativa di 20 Gray (Gy) frazionati in dosi di 10 x 2-Gy in un periodo di 2 settimane. La risposta

alla radioterapia orbitaria non differisce molto da quella ottenibile con i glucocorticoidi per os. 

 

TRATTAMENTI CHIRURGICI

Qualsiasi procedura chirurgica tesa a diminuire l’aumentata pressione endorbitaria per mezzo di un aumento del volume dell’orbita ossea o/e di una rimozione del grasso orbitario è definita «decompressione orbitaria».

Il trattamento chirurgico completo del paziente affetto da OTC prevede chirurgia decompressiva, chirurgia dello strabismo, e chirurgia palpebrale.

La chirurgia decompressiva porta a riduzione dell’esoftalmo, dell’edema periorbitario e, in circa il 50% dei pazienti, a una riduzione dell’apertura della rima palpebrale. Può migliorare lo strabismo restrittivo distiroideo, ma, più spesso, il dislocamento dei tessuti molli orbitari prodotto dalla decompressione lo induce o lo peggiora. La chirurgia dello strabismo deve, per questo, seguire la chirurgia decompressiva e, considerando che lo strabismo verticale influenza la posizione delle palpebre, deve precedere quella palpebrale. In buona sostanza la riabilitazione chirurgica dell’orbitopatia deve rispettare la cronologia sopra indicata dal momento che la procedura precedente può influenzare la necessità e l’estensione di quella che segue. 

Attualmente la chirurgia decompressiva si avvale di osteotomie che coinvolgono la parete mediale, il pavimento orbitario, la parete laterale, e/o lipectomie solitamente, ma non esclusivamente, limitate al quadrante orbitario infero-laterale.

Nel paziente affetto da OTC può rendersi necessaria la correzione dello strabismo restrittivo in più procedure, oppure correggendo contemporaneamente la componente verticale e quella orizzontale dello strabismo.  Gli interventi solitamente consistono in recessioni muscolari più o meno estese.

La retrazione palpebrale è un segno comune dell’OTC e il 91% dei pazienti ne è affetto nel corso della malattia; la sua correzione può essere ottenuta mediante la müllerectomia trans-congiuntivale senza suture

per retrazioni lievi (≤3 mm) e una recessione en-block del complesso di congiuntiva-retrattori attraverso un approccio anteriore (blefarotomia) o trans-congiuntivale senza suture per retrazioni moderato-gravi (>3 mm).

 

 

TRAUMI ORBITARI 

 

I traumi orbitari sono diventati sempre più frequenti negli ultimi anni a causa del notevole incremento delle attività sportive, della meccanizzazione dei sistemi lavorativi e, soprattutto, l’alto numero di incidenti stradali.

Segni clinici indicativi di trauma orbitario sono: alterazioni della motilità oculare, enoftalmo (spostamento del bulbo oculare verso l’interno), dislocazione del bulbo, ipo-anestesia della regione orbitaria, ptosi palpebrale, discontinuità della rima orbitaria, enfisema sottocutaneo, emorragia sottocongiuntivale, sanguinamento nasale. In fase acuta l’ematoma e l’edema dei tessuti possono causare esoftalmo e nascondere l’eventuale deformità ossea.

Per una corretta valutazione di un trauma orbitario è essenziale l’uso della diagnostica per immagini: la TC costituisce l’esame di prima scelta nelle fasi iniziali perché è di rapida esecuzione e consente una buona visualizzazione dei tessuti ossei. La RMN consente una buona valutazione dei tessuti molli ma un’inferiore risoluzione delle strutture ossee.

I traumi orbitari possono essere classificati in:

 

  • fratture semplici;
  • fratture complesse (associate ad altre fratture del massiccio facciale);
  • corpi estranei.

 

Le fratture orbitarie semplici, a carico delle pareti orbitarie senza lesioni del bordo, sono dovute ad un improvviso aumento della pressione all’interno dell’orbita, secondario ad un trauma diretto sul bulbo da parte di oggetti che abbiano un diametro superiore a quello dell’apertura orbitaria (es. un pugno, una palla da tennis). Maggiormente coinvolti sono il pavimento e la parete mediale essendo estremamente più sottili rispetto al tetto ed alla parete laterale. La frattura più frequente in assoluto è quella del pavimento (frattura “blow-out”). Le fratture semplici “blow-in” sono meno frequenti e comportano lo spostamento del frammento osseo verso l’interno della cavità orbitaria, con conseguente rischio di lesione dei tessuti molli.

Per quanto riguarda i traumi da corpo estraneo, va tenuto presente che un qualsiasi oggetto che penetri nell’orbita anche con una minima ferita di ingresso, può arrivare nella fossa cranica anteriore attraversando il tetto orbitario. Addirittura la fessura orbitaria superiore può rappresentare una via d’ingresso ad un oggetto penetrante molto piccolo, causando gravi lesioni pericolose per la vita.

 

TRATTAMENTO

Il trattamento dei traumi orbitari si propone di risolvere le alterazioni funzionali e le lesioni anatomiche legate allo spostamento dei frammenti ossei. L’indicazione alla chirurgia negli adulti è data dalla presenza di enoftalmo significativo e di una visione doppia persistente. A questo punto è indispensabile effettuare il “Test della Duzione Forzata” allo scopo di determinare se la visione doppia è causata da un incarceramento muscolare nella rima di frattura ossea. Il Test prevede dopo l’instillazione di un anestetico topico, la presa della congiuntiva bulbare tramite due pinze ed il suo spostamento ripetuto.

 

La chirurgia viene eseguita in anestesia generale e prevede varie vie di approccio a seconda del tipo di frattura: per via congiuntivale o per via cutanea. Scopo della chirurgia è quello di ottenere un’ampia esposizione della frattura, la liberazione di tutte le strutture coinvolte dalla rima di frattura, la riduzione della stessa con tecniche di osteosintesi (fili e placche metalliche), il riempimento dei difetti ossei con impianti autologhi o eterologhi ed infine la correzione delle lesioni delle parti molli.

 

Un cenno a parte meritano i traumi a carico del nervo ottico, nei quali è necessario ricorrere entro 24h ad una terapia corticosteroidea, ad una decompressione ossea del canale ottico o ad una decompressione delle guaine del nervo, allo scopo di evitare un’ischemia prolungata a suo carico.  

Tutte le altre fratture senza gravi coinvolgimenti muscolo-nervosi possono essere trattate in tempi più lunghi.